Archeologia

La Tomba dei Guerrieri
Nel corso del 1987 i lavori per la costruzione della palestra comunale di Decimoputzu portarono all'identificazione e al parziale danneggiamento di una tomba a grotticella artificiale. 

Ubicata sul pendio nord-orientale del colle di Sant'Iroxi (San Giorgio), alla periferia sud-orientale dell'abitato, la domus de janas risulta in posizione preminente all'interno di un insediamento persistito dal Neolitico ai nostri giorni. 
La peculiarità dei materiali rinvenuti ha spinto la gente del centro campidanese a "battezzare" quest'ipogeo con la denominazione di "La tomba dei guerrieri" che volentieri si ripropone in questo lavoro. 
La nuova scoperta di Sant'Iroxi ben s'inserisce nella splendida serie di ritrovamenti archeologici dell'abitato campidanese e delle fertili campagne del suo territorio. 
Il richiamo di vecchi e nuovi dati relativi a tali ritrovamenti consente di apprezzare il quadro contestuale, spaziale e diacronico, nel quale si colloca questa ulteriore importante testimonianza del passato di Decimoputzu. 


Titolo: La tomba dei guerrieri di Decimoputzu 
Autore: Giovanni Ugas 
Editore: Edizioni della Torre 


La Fortezza Su Castedd’e Fanaris  
La fortezza s’inserisce nella tipologia dei nuraghi complessi o evoluti del Tardo Bronzo (1330-1000 a.C.). Questo nuraghe, il più imponente della Sardegna meridionale, consta di un bastione formato da nove torri (se non di più) e di una cinta antemurale dotata di almeno cinque torri alternate a cortine. Il materiale usato è per lo più il granito locale; i massi usati sono di medie dimensioni, talvolta anche piccoli. Alcune parti, come le feritoie, sono state più rifinite e curate. Le mura immettono su due spuntoni rocciosi che rendono la fortezza ancora più stabile e sicura. 

E’ evidente che la complessità della fortezza è dovuta al succedersi di diverse fasi costruttive. Vi è stata probabilmente l’esigenza di ampliare lo spazio utile all’interno della fortezza: o per accogliere nuovi ospiti o per adempiere a nuove strategie difensive. Oltre ad essere una residenza fortificata, infatti, Su Castedd’e Fanaris assolveva ad una specifica funzione difensiva nel corridoio di raccordo strategico che univa la zona mineraria del Sulcis-Iglesiente con la Sardegna centrale. 


Su Mobiu
Alla vitalità della vicina chiesa intitolata a San Basilio va ricondotta probabilmente la motivazione della costruzione post-medievale del mulino, che serviva principalmente all’irrigazione dei campi e all’abbeveramento degli animali appartenenti alla chiesa.
Le fonti orali del paese narrano che questo mulino venisse utilizzato fino ai primi anni del ‘900 come mulino a trazione animale. Si racconta che l’acqua veniva attinta tramite una ruota di legno (la noria) attorno a cui stava una corda fatta con rami di mirto o di oleastro intrecciati; alla corda venivano legati recipienti di terracotta (is tuvus) e un asinello bendato faceva girare la ruota in modo che i recipienti legati alla fune scendessero in una delle due bocche del pozzo e risalissero, colmi d’acqua, dall’altra bocca. L’acqua veniva poi convogliata nei vari vasconi, in alcuni dei quali si abbeverava il bestiame. Dalle grandi vasche l’acqua defluiva poi nelle piccole vaschette laterali che venivano utilizzate per il lavaggio dei tessuti.
Tuttavia, il fatto che nelle vicinanze esistesse una gora “Su Mulinu” (segnalata in antiche carte catastali), induce a pensare che l’acqua venisse deviata da un corso d’acqua per farla giungere al mulino. E’ dunque plausibile che questo mulino, almeno inizialmente, fosse del tipo idraulico e che in seguito sia stato modificato in mola asinaria, così come avveniva soprattutto nel Campidano fino alla metà del ‘900.

Perda Lada
Il rinvenimento di Perda Lada s’inserisce nella categoria di monumenti conosciuti col nome di Tombe di Giganti: le costruzioni funerarie caratteristiche della civiltà nuragica (1600-900 a.C.). Si tratta di tombe collettive che potevano contenere un gran numero di inumazioni. Esse si compongono di una lunga camera funeraria che termina solitamente con un abside ed è coperta da lastre di pietra disposte orizzontalmente. L'elemento più spettacolare di questi monumenti è sicuramente la facciata, al centro della quale si trova la stele: una grande lastra di pietra disposta in senso verticale che solitamente termina con una centina, ossia con una cornice rotondeggiante. Ai lati della stele sono disposte, sempre in senso verticale, delle lastre più basse che formano un arco detto esedra.
Nel sud della Sardegna la facciata delle tombe varia rispetto al resto dell’isola: si osserva una fronte completamente in muratura, costruita in tecnica ciclopica (la tecnica usata nella costruzione dei nuraghi), col portello d'ingresso sormontato da un architrave monolitico. Pertanto, il monumento di Perda Lada, risalente ai tempi del Bronzo Medio I (XVI-XV sec. a.C.), rappresenta un’eccezione, ponendosi come una delle tombe a stele centinata più meridionali dell’isola. Osservandola si percepisce l’allineamento di una parete interna della camera, costruita con granito grigio proveniente dal colle di Perdera.

I Menhir di Perdasi
I menhir (nome bretone che significa “pietra lunga”) sono genericamente noti in Sardegna con il nome di perdas fittas (“pietre erette”), in quanto la loro caratteristica è quella di avere una forma allungata e di essere stati eretti sul terreno. Sulla loro funzione ancora si discute in quanto essi talvolta si accompagnano a località o strutture di natura funeraria, talaltra si individuano nelle aree di antichi centri abitati o di antichi sentieri e, altre volte ancora, sembrano indicare una specie di santuario all’interno di un villaggio. Alcuni studiosi sono concordi nel ritenerli espressioni di culto legati alla fertilità della terra, altri sostengono siano statue dedicate a divinità o eroi.
Gli esemplari di Perdasì, risalenti al Neolitico Medio (3800-3000 a.C.), rappresentano la tipologia di menhir antropomorfi più semplice e meno elaborata, con un corpo parallelepipedo o prismatico tendente a restringersi e ad assottigliarsi verso la sommità. Uno solo di essi è ancora eretto; gli altri quattro o cinque (è ancora da verificare se due pietre rappresentino due menhir distinti o un unico menhir spezzato in due parti) furono spostati nella loro posizione attuale a metà del ‘900 perché intralciavano i lavori agricoli. Stando alle fonti, sembrerebbe che questi menhir si trovassero ad una distanza di m. 2,50 circa l’uno dall’altro e che fossero disposti lungo un allineamento con orientamento E-W. Uno dei menhir abbattuti presenta due coppelle da considerarsi come indicazione di un culto reso agli stessi monoliti.
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